Le 6 cose che non sai sulle “6 cose che non sapevi” (post semiserio sugli articoli di internet)

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1 -Ho scelto questo titolo ironico per scherzare bonariamente (forse non proprio tanto) su uno stile di scrittura di articoli che sta andando molto di moda su internet. Li avrete sicuramente letti (io per prima ovviamente), i titoli recitano più o meno così: “le 5 cose che non sapevi sull’ansia e che ti cambieranno la vita“, “le 7 cose da sapere sui problemi di coppia” oppure, peggio ancora, “4 trucchi per smettere di avere paura”, “le 6 categorie di persone da cui devi tenerti lontano“, “8 segnali che ti faranno capire se hai a che fare con un narcisista patologico” ed infine “7 modi per evitare di farsi ingannare dai vampiri energetici“.

 

2 – Ovviamente, lo voglio precisare, non si stratta di voler far polemica con colleghi che hanno uno stile di scrittura differente dal mio (molti degli articoli che leggo credo siano davvero ottimi nei contenuti) ma di sottolineare dei rischi che un determinato stile di comunicazione su internet, secondo il mio parere, può comportare. Far passare l’idea che una risposta ad una legittima domanda posta su sé stessi, sulle proprie relazioni o sui propri disagi possa essere davvero incapsulata in un elenco potrebbe comportare il crescere in noi dell’idea che bastino delle “pillole” di informazioni su un determinato problema per fornirci un valido antidoto al dolore.

 

3 -Ma il pericolo più grande, a mio parere, si trova da un’altra parte: così come la tipica ricerca dei sintomi su Google, la possibilità di leggere una schematizzazione della nostra realtà interna e relazionale ci aiuta a sentirci meno soli poiché possiamo pensare che anche altre persone vivono quella stessa realtà e c’è, inoltre, un esperto che vede e riconosce come possiamo sentirci. Attenzione però a pensare che la verità abbia sede nella semplificazione, è allettante ma credo che non sia propriamente così. Potremmo anche pensare che il nostro obiettivo non sia la verità, ovvero avvicinarci a comprender il più possibile cosa succede dentro di noi, ma penso che provarci ne valga sempre la pena. Come ha detto John Keats: “Bellezza è verità, verità è bellezza: questo è tutto ciò che vi occorre sapere“. Ciò che voglio dire è che tutti noi sappiamo benissimo che siamo meravigliosamente complessi e che, purtroppo, le cose vanno sempre in modo meno lineare di come immaginiamo, ed è ciò che ci rende umani e, soprattutto, in relazione con altre persone che non possiamo controllare. Complesso, però, non significa complicato, possiamo avvicinarci alla complessità delle cose senza appesantirci per forza.  Una frase che ho letto questa estate su una lavagna in un bar di un’isola greca mi ha fatto davvero riflettere su questo (e fateci caso, anche qui viene utilizzata la semplificazione numerica ma in modo paradossale): “The secret to a happier life in 6 words: learn to feel comfortable with uncertainty” ovvero ” Il segreto per una vita più felice in 6 parole: imparare a sentirsi a proprio agio con l’incertezza” (la foto dell’articolo è quella che ho scattato in questo bar).

 

4- Ragionare per categorie, poi, può far passare il messaggio che se non rientro in alcuna di queste sono sbagliato? Inoltre, leggere in continuazione formulazioni tagliate con l’accetta potrebbe farmi pensare che c’è un modo giusto e un modo sbagliato di essere?

 

5-Un ultimo rischio che vorrei sottolineare riguarda anche il fatto che alcuni titoli lasciano intendere che ci siano delle persone cattive (come vampiri energetici o i narcisisti) dai quali dobbiamo tutti difenderci, come se esistessero dei nemici che vivono tra noi che dobbiamo “addestrarci” a riconoscere per salvarci la vita. Io non credo che le cose stiano esattamente così, penso che le relazioni purtroppo possono essere molto dolorose e ri-traumatizzanti e che ci sono delle situazioni anche di particolare emergenza in cui è bene che delle dinamiche “vittima-carnefice” vengano interrotte in modo deciso. Oppure, ovviamente, bisogna saper riconoscere le situazioni di abuso o di reato. Diverso è, invece, incentivare un tipo di pensiero legato alla paura e alla polarizzazione “buono-cattivo” che ci allontana da noi stessi: nel migliore dei casi ci fa perdere per strada l’idea che magari siamo anche noi “cattivi” e questo pensiero può farci anche bene perché possiamo sentirci più forti e padroni di noi stessi rispetto a un partner che ci ha fatto soffrire o privato dell’amor proprio.

 

6 -Detto questo, vorrei concludere sottolineando il fatto che, purtroppo o per fortuna, tutti noi siamo il frutto di ciò che abbiamo vissuto nel nostro passato, unico e irripetibile come lo è ciascuno di noi: molti meccanismi e molte reazioni a ciò che sperimentiamo sono simili e questo ci rende uniti in maniera universale ma, al tempo stesso, ognuno di noi è davvero irriducibile ad una categoria.  Quindi risposte che davvero funzionano, dobbiamo ammetterlo, le avremo solo se troviamo il coraggio di rivisitare la nostra storia. Non è un dovere né un obiettivo, anzi, soprattutto non è facile.  Si tratta solo di avere la forza di ammettere che i problemi che abbiamo derivano sempre da situazioni piuttosto complesse e dolorose, quindi anche la risoluzione lo sarà. Molti si chiedono che scopo abbia questo, il passato è passato, a cosa serve ritornarci? Philip Bromberg in “L’ombra dello Tzunami dà una risposta che mi piace molto:

” L’elaborazione “di un trauma precoce“è fondamentalmente relazionale: non libera il paziente da quello che gli è stato fatto nel passato, ma da quello che deve fare a se stesso e agli altri al fine di convivere con quello che gli è stato fatto nel passato”. 

In definitiva, cerchiamo di non semplificare ciò che è complesso perché ciò non ci renderà la vita più semplice, forse solo più complicata nel continuare a cercare una soluzione dove non la si può trovare.

P.s. perdonate e concedetemi il tono ironico di questo post, ovviamente fare divulgazione ed informare le persone è davvero utile, io stessa provo a farlo a mio modo portando il mio punto di vista. Nessun scrittore di articoli sulle categorie è stato maltrattato durante la stesura dell’articolo.

 

Valentina Desiderio

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